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« Dopo anni di grande solitudine la mia vita si è stravolta quando mi hanno presentato Gesù »


Testimonianza di Mirco della comunità Nuovi Orizzonti

Vengo da una storia particolare, un pò difficile. Sono nato in un posto ricco, ma in una famiglia povera e disagiata. Mio padre veniva da 16 anni di collegio. Quei collegi che oggi hanno chiuso per violenze e abusi. Mia madre veniva da una famiglia superperbene e ciò che era importante per lei è che i vicini pensassero che tutto andasse bene.
Mio papà aveva problemi d’alcol, era violento. Forse aveva avuto una storia più difficile della mia. I miei genitori si sono incontrati e sono nato io. Sono nato settimino, perchè sono ruzzolato dalle scale nella pancia di mia madre e sono nato d’urgenza.

I primi 6 anni della mia vita sono stati caratterizzati da ospedali, violenze e tantissimo silenzio. Ho pochi ricordi, ma si trattava sempre di un tentativo di fare silenzio. Ogni volta che mio padre tornava a casa facevo silenzio e coprivo i bisogni che avevo pur di non essere assalito dalla sua collera e dai suoi problemi.
Quando avevo 6 anni mio papà è rimasto invalido su una sedia a rotelle per un incidente con la motocicletta. Dal problema dell’alcol siamo passati a quello della morfina ospedaliera e poi dell’eroina.
Io sono di Trento. L’eroina è arrivata un pò dopo del resto d’Italia. Sono cresciuto come la piccola mascotte di questo primo gruppo di tossicodipendenti trentini che presidiavano casa mia.
Fra questi c’era un uomo che le cronache avevano chiamato “il mostro di Sardagna”, perchè aveva ucciso sua moglie e aveva occultato il cadavere.
La nostra casa era invasa da assistenti sociali, giornalisti. Era veramente un disastro. Io cercavo di fare sempre più silenzio. Dentro di me, però, questo silenzio non faceva altro che provocare voci che mi parlavano di diversità, di disagio, di non voglia di vivere. Finchè a 8 anni, mentre ero in preda ad un grandissimo mal di denti, mio padre ebbe l’idea di darmi un psicofarmaco per farmelo passare. Per la prima volta sono veramente riuscito a fare silenzio. In quel silenzio pensavo di aver trovato le risposte. Ho cominciato a far uso di psicofarmaci. Ho continuato fino a 26 anni. Sono stati anni drammatici e di solitudine.

Mi ha sempre accompagnato il disagio di essere diverso e di essere solo. Nel frattempo ne sono successe di tutti i colori. Mio padre quando avevo 16 anni mi ha buttato fuori casa. Si era innamorato di una donna e aveva deciso di farsi la sua vita. Non sono mai più tornato a casa.
Con mia madre facevo viaggi in autostop dalla val di Fassa al carcere di Padova a trovare quest’uomo condannato per omicidio. Ho fatto avanti e indietro per quasi 15 anni.

C’è questa immagine in cui tutti gli adulti si trovavano a casa mia ed io ero il piccolo e venivo lasciato fuori dalla camera. C’era una tenda nera e loro si trovavano lì per drogarsi. La mia grande ambizione da bambino era quella di superare questa tenda nera per essere finalmente, almeno in quel mondo, non più solo.

Una cosa ha sempre contraddistinto la mia persona e la mia esistenza. Ho sempre avuto una vocina dentro che mi diceva che la vita era qualcosa di diverso. La mia vita era chiamata a qualcosa di diverso. Non so perchè questa voce fosse così nitida. Era tanto di più il dolore, la solitudine, la voglia di non essere…
Fortunatamente ho cominciato presto a cercare dei percorsi che davano un giro diverso alla mia vita. Però non bastavano mai. Avevo un’umanità talmente ferita e una sensazione che sarebbe stato un fallimento che ogni percorso che iniziavo mi portava ad avere la sensazione di solitudine, di non essere capace e di non sapere come fare. L’unico modo che avevo per tornare ad avere silenzio era ritornare all’uso di sostanze .

Ho fatto la prima esperienza del bussare di Dio – non sapendo che era Lui che bussava – quando una suora mi ha proposto di aprire con lei una casa per malati terminali di Aids in Trentino. Io avevo 20 anni. Avevo appena terminato uno dei tanti percorsi in una comunità che si chiama Ceis. Mi sembrava che quella voce mi dicesse: “Fai qualcosa di diverso e di utile nella vita”. Invece mi sono trovato di fronte a questo dolore e alla morte di questi ragazzi. Non ci stavo dentro. Questa esperienza è durata un anno e mezzo.
Una notte, dopo che era morto Franco, un giovane a cui mi ero molto legato, sono tornato a suonare al solito campanello che suonavo da 20 anni. Ho preso una quantità grossa di diversedroghe, mi sono chiuso nel bagno di casa non per morire, ma per vomitare il dolore che mi attanagliava la vita. Sono rimasto paralizzato sul pavimento per diversi giorni, finchè mi hanno tirato fuori.
Ma non mi era bastata. Non volevo più vivere. Quella vocina era diventata qualcosa di lontano.
Mi sono trasferito a Verona dove c’era una cartiera abbandonata. Era scandalosamente aperta e sarebbe stata abbattuta solo al centesimo morto. Sono rimasto là un mese e mezzo. Pesavo 45 chili.

Una delle cose più belle che facciamo a Nuovi Orizzonti sono le missioni di strada. Una notte ho incontrato Elena e Tommaso, due ragazzi che partecipavano a questa missione. Mi si sono avvicinati e mi hanno chiesto: “Come ti chiami?” Io ero molto diffidente. Non era proprio l’ambiente da grandi dialoghi. Ho risposto: “Mi chiamo Mirco. Cosa volete?” “Vorremmo farti fare un’incontro con una Persona speciale che può cambiare la tua vita. Si chiama Gesù”.
Mi ricordo il giorno che ho smesso di piangere. Quel giorno mio padre mi stava passando sopra con la sedia a rotelle e mi stava piantando un macete nella gola. Da quel giorno ho deciso che non avrei mai più pianto.

Quella sera sono scoppiato a piangere davanti ad Elena e Tommaso. Non sapevo chi fosse Gesù. L’unica esperienza di fede che avevo erano i miei nonni che, quando mia madre si è separata da mio padre, perchè era tumefatta dalle violenze, mi hanno chiuso la porta in faccia.

Quindi sono scoppiato a piangere. Non sono riuscito ad entrare subito in comunità, perchè ero attanagliato da tante tenebre. Non è stato un percorso semplicissimo.
Ho sempre in mente quest’immagine per rappresentare quei momenti. E’ come quando si passa davanti ad un paesaggio bellissimo e ci sono tante macchine accartocciate l’una sopra l’altra. Io mi sentivo come una di quelle macchine accartocciata sopra ad altre vite accartocciate. Quella sera qualcuno ha inserito la chiave dentro il quadro di questo catorcio. Ha tentato di accenderla e il quadro si è acceso. Talmente in maniera viva che quando mi hanno arrestato l’ultima volta mi dicevo: “Vorrei entrare in una comunità spirituale. Perchè qualche mese fa ho fatto un incontro di notte a Verona e mi hanno parlato di un incontro spirituale”. Quando ero in carcere mi portavano sempre in infermeria a prendere terapie. Quella volta lì ho detto: “Voglio andare in biblioteca. Voglio la Bibbia”. Loro mi avevano parlato che questo incontro lo avrei fatto nel Vangelo.
Ho preso la Bibbia e ho cominciato a leggerLa dalla prima pagina.
Mi dicevo: “Qua sarà dura a fare questo incontro”. Gli assistenti sociali e gli psicologi dicevano: “Questo si è bruciato il cervello che vuole andare in una comunità spirituale”.

Mi sono ritrovato all’interno di un comando dei carabinieri. Avevo 24 ore per trovare una comunità, altrimenti avrei dovuto scontare 5 anni di carcere. Hanno chiamato tute le comunità in cui ero già stato. Alla fine chi mi ha preso? Nuovi Orizzonti. Angela ha risposto al telefono e ha detto: “Se ha 24 ore di tempo fatelo partire e fatelo venire giù”.
L’assistente sociale mi carica. Passo davanti alla farmacia e rubo due sacchetti delle immondizie. Passo davanti alle case popolari di Trento e rubo da vestire. Non avevo neanche un paio di calzini. Arrivo a Nuovi Orizzonti con i due sacchetti di immondizia con dentro i vestiti rubati.
Ero abituato a tutte le comunità pulite, perfette, belle, con pettinature perfette, barbe fatte… Entro e vedo finestre senza vetri, perchè stavano iniziando. I ragazzi spostavano i materassi e i comodini per farmi spazio. “Per fare spazio a me?” A 26 anni per la prima volta ho detto: “Cavolo, sono arrivato a casa”. Per la prima volta il mio cuore ha sentito la pace.
Guardavo tutti questi matti che correvano avanti e indietro senza una lira, con le macchine scassate e stavano dietro a tutti quelli che arrivavano. Siamo arrivati in una trentina in quel periodo. Mi dicevo: “C’è qualcosa che non và. Questi mi vogliono fregare. Mi manderanno nei campi di cotone a lavorare. Non so cosa mi faranno”. E invece no. Alla mattina si trovavano e leggevano il Vangelo. Mi parlavano di Gesù. Ho fatto un ragionamento e mi sono detto: “Una figura maschile che mi insegnasse cosa vuol dire essere uomo, un pò di fermezza, responsabilità, di valori, non ce l’ho mai avuta”. Questo Gesù mi piaceva. Era controcorrente. Dava la Vita per i Suoi amici. Parlava di amicizia, di coraggio. Parlava di lealtà, Verità, responsabilità. Queste cose mi colpivano. Mi sono detto: “Ma guarda un pò. Magari mi prendo questo come papà”. Solo che non ce l’ho fatta subito a prenderLo come papà, perchè si parla di Trinità, Cristo che è anche Dio. Io venivo dalla terza media. Me l’anno data perchè così non andavo più a scuola e non rompevo più le scatole.

Scherzando dico che il Santissimo ce L’ho dentro al furgone. Quando viaggio mi piace farlo avendo la radio spenta e il sedile libero, perchè ho sempre la sensazione che Gesù Uomo abbia sempre qualcosa da dirmi e da ascoltare da me. E’ bello, perchè la mia vita si è stravolta.
Oggi ho tre figli e una moglie. Siamo partiti per il Trentino ormai 14 anni fa. Abbiamo aperto due centri: uno di accoglienza e uno di reinserimento. Abbiamo aperto un’impresa di catering nella quale i ragazzi del reinserimento lavorano. Abbiamo aperto un terzo centro a Trento dove facciamo accoglienza di mamme emigrate con bambini.
La mia vita si è trasformata. Non sono più solo.

Ringrazio Chiara, perchè fra i vari miracoli che questa mattina mi venivano in mente c’è questo. Il primo anno a Montevarchi non lo ho fatto proprio santamente. Quando tutto diceva che Chiara avrebbe dovuto darmi un calcio nel sedere e dirmi “torna da dove sei venuto”, lei mi ha detto: “Io non so perchè, ma so che ti devo portare a Piglio vicino a me. Ci saranno grandi cose”.

Grazie.

Fonte:  (Trascrizione a cura di A. Bianco)

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