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“Con Medjugorje avevo cominciato a credere che Gesù è veramente presente nell’Eucarestia e che perdona i miei peccati.”

Testimonianza di Jim Caviezel

…Mentre giravo in Irlanda il film “Montecristo”, mia moglie si recò a Medjugorje.
Le cose non andavano tanto bene in quel momento anche se ogni settimana lavoravo sette giorni su sette.
Un giorno mi telefonò e io dalla sua voce avvertii che c’era stato un cambiamento in lei. Mi cominciò a raccontare di Medjugorje e disse che uno dei veggenti sarebbe venuto in Irlanda.
La interruppi con queste parole:
“ Io ho un lavoro molto importante da fare.
Non posso trovare il tempo per i veggenti”.
Per di più pensai che io, come cattolico, non dovevo necessariamente accettare né Fatima né Lourdes né Medjugorje.

Queste furono le mie riflessioni.

Il veggente di Medjugorje, Ivan Dragicevic, venne in Irlanda.
Da parte mia ero certo che non avrei avuto tempo per lui poiché dovevo lavorare tutti i giorni.
E tuttavia un giovedì il mio partner nel film, Richard Harris, si sentì improvvisamente male ed io così fui libero per il resto della giornata. Potei così assistere all’apparizione.
Stavo in fondo alla chiesa piena di gente e non avevo idea di ciò che sarebbe successo…

Nel momento dell’apparizione un uomo accanto a me si alzò dalla sua sedia a rotelle e si lasciò cadere in ginocchio; io fui molto colpito: “Questo invalido – pensai – nonostante il suo dolore, s’inginocchia sulle fredde pietre del pavimento per pregare!”

Oggi so che solo Dio poteva sapere esattamente quando e come afferrarmi.
Anche se può sembrare assurdo, la domenica successiva inaspettatamente fui ancora libero e così potei incontrare il veggente, come tanto desiderava mia moglie.
Durante l’apparizione, inginocchiato accanto a lui, dissi nel mio cuore: “OK, sono qui. Sono pronto. Fai di me quello che vuoi.”
In quello stesso momento sentii che qualcosa penetrava in me ; era una sensazione semplice eppure unica.

Quando mi rialzai gli occhi mi si riempirono di lacrime e cominciai a piangere con tutto il cuore.

Con Medjugorje avevo cominciato a credere che Gesù è veramente presente nell’Eucarestia e che perdona i miei peccati.

Ivan mi disse:
“Jim, l’uomo ha tempo per ciò che ama.
Se uno che non ha tempo, improvvisamente incontra una ragazza e se ne innamora, allora lo trova il tempo per lei.
Chi non ha tempo per Dio è perché non Lo ama.” Mi domandai impressionato se io avessi tempo per Dio.

Ivan continuò: ”Dio ti chiama e ti invita a pregare con il cuore”.
“Come si fa?” gli chiesi.
“Comincia a pregare e vedrai”.
In quel momento si aprì una finestra nel mio cuore.
Mai prima di allora avevo pensato che potesse essere possibile. Andammo poi in un ristorante e devo confessare che il cibo ed il vino non mi sono mai più così piaciuti come quella sera.

In me qualcosa cominciò a cambiare.
Varie volte mia moglie aveva provato a coinvolgermi nella recita del rosario, ma io mi ero rifiutato.
Adesso però lo volevo recitare, anche se non sapevo esattamente come si faceva.
Avevo l’impressione che il mio cuore si era aperto solo per questo.
Un giorno mi rivolsi all’autista, che ogni giorno mi portava sul set, dicendogli: ”Non so come voi la pensiate, ma io desidero recitare il rosario.”
Con mia sorpresa ricevetti questa risposta: “OK, lo facciamo”.

Alla debole luce di questo amore, che ora sentivo in me, cominciai a riconoscere dove io veramente stavo, quante tentazioni avevo, dov’erano i miei sentimenti, come io ero fragile e come giudicassi dentro di me gli altri.

Dopo le ultime riprese del film, (La passione di Cristo) che si svolsero a Malta, mi decisi ad andare a Medjugorje.

All’inizio fui sorpreso vedendo quanto tempo qui era dedicato alla preghiera.

Durante i primi giorni a Medjugorje dentro di me ero irrequieto durante la preghiera poiché non ero abituato a pregare così tanto e perciò pregai Dio di aiutarmi.
Dopo quattro giorni non volevo far altro che pregare poiché nella preghiera mi sentivo in comunione con Dio.
E’ questa una tale esperienza che non posso far altro che augurarla ad ogni cattolico.
Forse l’avevo già avuta da bambino e poi l’avevo dimenticata; ora mi veniva di nuovo donata.

Questa esperienza è continuata anche a casa. In famiglia partecipiamo insieme ai sacramenti.
Mentre accompagno i figli a scuola recito con loro il rosario e, se a volte non inizio subito, comincia mio figlio a pregare.

La seconda volta che andai a Medjugorje un gruppo di pellegrini mi invitò ad andare a Siroki Brijeg per visitare Padre Jozo Zovko.

Era proprio quello che più desiderava mia moglie.
Non conoscevo Padre Jozo, ma lo sentii dire alcune cose che mi commossero molto.
Andai verso di lui ed egli mi pose le mani sulle spalle, così anche io feci lo stesso sulle sue. Poi mi impose le mani sul capo e anche io feci altrettanto sul suo.
In quel momento io sentii dentro di me queste parole: ” Ti voglio bene, fratello.
Quest’uomo ama Gesù.” Padre Jozo si rivolse allora all’interprete chiedendo in croato chi fossi e dicendo che voleva parlare con me. Questo fu l’inizio di un’amicizia che dura ancora.

Quando avevo appena concluso le riprese della “Passione di Cristo” dovetti sperimentare più volte varie forze che volevano distogliermi dal girare quel film.

Avevo 33 anni quando è iniziata la lavorazione del film, cioè tanti quanti ne aveva Gesù quando fu crocifisso.
Mi veniva sempre il dubbio se ero degno di interpretare Gesù.
Ivan Dragicevic mi incoraggiava e diceva che Gesù non sempre sceglie i migliori e che lui stesso era la prova di questo.

Senza Medjugorje, che ha aperto il mio cuore alla preghiera e ai sacramenti, non avrei interpretato questo ruolo.
Sapevo che, se volevo rappresentare Gesù, dovevo essere vicinissimo a lui.
Ogni giorno mi confessavo ed adoravo il SS Sacramento.
Anche Mel Gibson partecipava alla messa, se era celebrata in latino, e questo fu un bene per me poiché imparai il latino.

Sempre mi venivano tentazioni dalle quali mi dovevo difendere e in questa lotta sperimentavo una grande pace interiore.

Per esempio nella scena dove Maria, la Madonna, si imbatte in Suo Figlio mentre porta la croce, io dovevo dire la seguente battuta: ”Guarda, io faccio ogni cosa nuova”.
Abbiamo ripetuto questa scena quattro volte, ma io sentivo che c’ero sempre io in primo piano.
Poi qualcuno urtò contro la croce ed io sentii la mia spalla sinistra uscire dall’articolazione. Quel subitaneo tremendo dolore mi fece perdere l’equilibrio e caddi pesantemente a terra.
Sbattei il viso sulla terra polverosa e mi uscì il sangue dal naso e dalla bocca.
Ripetei le parole alla Madre: ”Guarda, io faccio ogni cosa nuova”.
Il dolore alla spalla era indescrivibile mentre lentamente abbracciavo la croce ed io sentivo che la scena era di grande impatto.
Io avevo cessato di recitare ed era Gesù che si vedeva.
La scena era venuta fuori quasi come risposta alla mia preghiera: “Voglio che gli spettatori vedano te, Gesù, non me”.

Durante le riprese non so quanti rosari recitai e questo mi fece vivere in un’atmosfera particolare.
Mi rendevo conto che non potevo bestemmiare o lasciarmi andare, se volevo comunicare qualcosa alla troupe dei miei collaboratori. Erano attori famosi, che nella maggior parte dei casi non conoscevano Medjugorje, e noi eravamo felici di averli.
Come avrei potuto trasmettere loro qualcosa di Medjugorje se non con la mia stessa vita? Medjugorje significa per me vivere, attraverso i sacramenti, in unità con la Chiesa.

Con Medjugorje avevo cominciato a credere che Gesù è veramente presente nell’Eucarestia e che perdona i miei peccati.
Con Medjugorje ho sperimentato quanto è potente la preghiera del rosario e quale dono rappresenta la Messa quotidiana.

Come posso aiutare le persone, se non credendo in Gesù?
Ho idea che questo possa accadere quando Gesù Eucarestia è in me e quando le persone, attraverso la mia vita, scorgono Gesù.

Quando girammo la scena dell’ultima cena, io avevo, in tasche speciali all’interno della mia veste, alcune reliquie di santi e anche un pezzetto della croce di Cristo.
Era così grande il mio desiderio che Gesù fosse presente che pregai un sacerdote di esporre il Santissimo.
Sulle prime rifiutò, ma io lo pregai insistentemente perché ero convinto che, se io avessi fissato Gesù, gli spettatori avrebbero riconosciuto Lui in me.
Il sacerdote, con l’Ostia consacrata nelle mani, si mise poco dietro il cameramen e insieme a lui si avvicinava a me.
Quando gli spettatori vedono la luce nei miei occhi non si rendono conto che quello è il riflesso dell’Ostia nelle mie pupille e pertanto essi, in realtà, vedono Gesù.

Anche durante la scena della Crocifissione, mentre io pregavo ininterrottamente, il sacerdote era presente con il SS Sacramento nelle sue mani.

La sfida più grande per me, in questo film, non è stato, come all’inizio avevo pensato, l’imparare a memoria i testi in latino, aramaico e ebraico, ma piuttosto le fatiche fisiche cui dovetti far fronte.
Nell’ultima scena, per esempio, quando fui inchiodato sulla croce, avevo una spalla lussata che usciva ogni volta. Durante la flagellazione fui colpito due volte dalla sferza e ne risultò una ferita sulla schiena lunga 14 centimetri, inoltre mi presi un’infiammazione ai polmoni che si riempirono di liquido.
Oltre a ciò bisogna calcolare la cronica mancanza di sonno: per mesi mi dovetti svegliare alle tre del mattino per il trucco che richiedeva almeno otto ore.

Un’altra sfida fu anche rappresentata dal freddo che, soprattutto durante la crocifissione, mi fece quasi venir meno; ero vestito solo con una sottile veste di lino e la temperatura esterna era di appena qualche grado sopra lo zero.

Quando girammo l’ultima ripresa c’era una fitta coltre di nuvole e un fulmine colpì la croce dove io ero legato.
All’improvviso tutto fu silenzio intorno a me e io sentii i miei capelli rizzarsi sul capo.
Circa 250 persone che stavano intorno a me videro come il mio corpo all’improvviso emanò luce e videro un fuoco alla destra e alla sinistra della mia testa. Parecchi, a questa vista, subirono uno schock.

So che “La Passione di Cristo” è un film straordinariamente grande sull’amore, forse uno dei più grandi.

Mai come oggi la figura di Cristo è motivo di controversie.
Il creato è oggi minacciato da tanti fattori eppure la fede in Gesù è la fonte della felicità.

Penso che Dio, in questo nostro tempo, ci chiami in modo particolare e che noi perciò dobbiamo dare una risposta nel nostro cuore e con la nostra vita.

Jim Caviezel

Fonte: Radio Maria

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