Omelia della santa Messa – Medjugorje, 10 novembre 2020
Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, Gesù disse:
«Chi di voi, se ha un servo ad arare o a pascolare il gregge, gli dirà, quando rientra dal campo: “Vieni subito e mettiti a tavola”? Non gli dirà piuttosto: “Prepara da mangiare, strìngiti le vesti ai fianchi e sérvimi, finché avrò mangiato e bevuto, e dopo mangerai e berrai tu”? Avrà forse gratitudine verso quel servo, perché ha eseguito gli ordini ricevuti?
Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: “Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare”».
Parola del Signore.
Cari fratelli e sorelle, nella prima lettura abbiamo ascoltato un brano della lettera di Paolo a Tito, il responsabile della comunità cristiana a Creta.
Egli fornisce istruzioni dettagliate ai credenti su come comportarsi in modo che la Parola di Dio non sia contaminata e che il messaggio di Gesù non venga distorto a causa di un cattivo esempio. Con un cattivo esempio i fedeli possono disonorare l’opera di Dio. Anche le più sublimi Parole dell’Annuncio non hanno forza se non vengono messe in pratica.
Cari fedeli, questo è anche per noi un incentivo ad esaminare la nostra testimonianza di fede.
La stragrande maggioranza di noi sente parlare di Dio sin dall’infanzia. Tutto è iniziato con il Segno della croce. Poi è proseguito con le preghiere, la santa Messa, il Catechismo, fino alla ricerca personale nella Parola di Dio.
Cresciamo sentendo parlare di Dio. Cominciamo a ritenerci credenti e a pensare che sappiamo molto di Dio e del modo di vivere del credente.
Ma la prima lettura di oggi ci pone una domanda: Quanto viviamo veramente ciò che ascoltiamo e conosciamo?
Conoscere è una cosa, mettere in pratica ciò che conosciamo è qualcosa di completamente diverso. Quanto si manifesta nel mio lavoro quotidiano il fatto che ho conosciuto la Persona di Gesù Cristo? Cosa possono capire del mio Dio le persone che osservano la mia vita? Cosa possono concludere sulla mia fede?
Osserviamo la prima Chiesa da cui tutto ha avuto inizio. Le persone vedevano in Essa lo stile di vita di Cristo. La Sua caratteristica era il rispetto dei valori. I fedeli si rendevano conto di ciò che era giusto, buono e santo e lo vivevano indipendentemente dal disprezzo dei loro contemporanei.
La scala dei valori dei cristiani era diversa da quella degli ebrei del loro tempo. I valori erano diversi da quelli dei romani e da coloro che non avevano sentito parlare di Gesù Cristo. E’ proprio questa particolarità che ha attratto altre persone a conoscere da vicino la Persona di Gesù Cristo.
Questa nostra particolarità cristiana oggi sta svanendo. Rinunciamo sempre più ai nostri valori. Cerchiamo sempre più di stare al passo con il mondo per raggiungere la misura dell’uomo moderno e contemporaneo.
Rinunciamo sempre più al nostro insegnamento e allo stile di vita cristiano. Capita spesso che ci vergognamo anche di Cristo, perchè le Sue Parole sembrano obsolete e troppo impegnative. Non possono essere adattate.
Dimentichiamo ciò che ha detto san Pietro: “Signore, da chi andremo? Solo Tu hai Parole di Vita eterna”.
Nel brano evangelico di oggi troviamo questi Pensieri di Cristo ritenuti obsoleti.
E’ come se Cristo ci provocasse quando ci suggerisce di dire “siamo servi inutili; abbiamo fatto quanto dovevamo fare”.
Gesù intendeva davvero questo? Gesù vuole dire che Dio non deve a noi nulla nonostante tutto ciò che abbiamo fatto e sofferto per Lui?
Sì, cari fratelli e sorelle. Dio non ci deve davvero nulla.
Gesù diceva la Verità nonostante Essa costasse tanto. Questa è vera e non deve essere adattata in maniera che sia piacevole per tutti.
La Verità ci colpisce, perchè smaschera la vergogna con cui l’uomo si avvolge nel suo egoismo. Togliere la copertura delle bugie fa male, ma è proprio come una medicina che l’uomo deve prendere nella malattia.
Gesù ci dice: “Se rimarrete fedeli alla Mia Parola sarete davvero Miei discepoli. Conoscerete la Verità e la Verità vi farà liberi”. Anche se la Verità di Cristo a volte ci ferisce è l’unica via per la libertà, l’unica via per l’uomo per raggiungere il pieno significato della sua esistenza.
Torniamo al Vangelo di oggi. Gesù vuole preservarci dal rrapporto commerciale con Dio, presente nella mentalità farisaica.
Un teologo afferma che la relazione farisaica con Dio era una relazione contrattuale: “Io Ti do, affinchè Tu dia a me”. Se è stato fatto ciò che Dio ha comandato allora Lui è obbligato a ricompensarti.
Invece con Dio non si può mercanteggiare. Dio non può essere ricattato. Sebbene Si sia avvicinato a noi diventando l’Emmanuele, il Dio con noi, Dio è rimasto Sovrano e completamente libero.
Ci rivela il Suo Volto e la Sua Parola in Gesù Cristo, ma lo fa nella sua Libertà e Bontà. Questo è un Suo dono.
Certamente Dio ricompensa la fede e le buone opere dell’uomo. Tutta la Sacra Scrittura ce lo testimonia, come anche l’esperienza dei santi. Ma questo lo fa per Amore e non per dovere. Per Amore dona a chi si abbandona a Lui.
Tutto ciò che abbiamo, ciò che siamo, ciò che sappiamo fare è dono di Dio. Il fatto che tu respiri, ti muovi, esisti, è un dono di Dio per te. Ti viene chiesto solo di usare quel dono nel modo giusto.
San Paolo dice nella lettera ai corinzi: “Che cosa mai possiedi che tu non abbia ricevuto? Se lo hai ricevuto perchè te ne vanti come se non lo avessi ricevuto?”.
La consapevolezza che tutto ciò che è buono viene da Dio ci libera da una falsa immagine di noi stessi e ci aiuta a vederci nella vera luce. La luce dei figli di Dio che provvengono da Dio, vivono per Dio e vanno a Dio.
Questo significa essere “poveri in spirito”. Così scopriremo la bellezza della Beatitudine “Beati i poveri in spirito, perchè loro è il Regno dei Cieli”.
Dio ti offre l’eternità. Tu non puoi meritarla, ma puoi solo riceverla come un dono.
Apriamo i nostri cuori per sentire la bellezza e la libertà dei figli di Dio.
L’intercessione della Madre di Gesù e nostra, la Regina della Pace, ci aiuti in questo cammino.
Amen
Fonte: (Registrazione di Flavio Deagostini)
(Trascrizione a cura di A. Bianco)